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Волшебные итальянские сказки / Fiabe italiane magiche - стр. 10

compri! Ma si ricordi che gli ho portato sette pezzi d’oro in casa e che gli sono moglie e non serva e mi pare che si comporti da asino a trattarmi in questo modo”. Nonostante questo, quando fu sabato mattina, vedendo che la cameriera aveva filato tutta la sua parte di lino, ebbe una gran paura di qualche bastonatura e per questo si avviò al palazzo della fata e le raccontò la sua disgrazia. E lei, abbracciandola con grande affetto, le diede un sacco pieno di filato perché lo desse al re e dimostrasse di essere stata una brava massaia. Ma Renzolla, preso il sacco senza dire mille grazie per il servizio, se ne andò al palazzo reale. Ma il re, avuto il filato consegnò due cani, uno a lei e uno alla cameriera, ordinando che li nutrissero e li crescessero. La cameriera allevò il suo e lo trattava come fosse un figlio, ma Renzolla diceva: “Devo pettinare cani e portare cani a fare la cacca?”, – e così dicendo scaraventò il cane dalla finestra. Ma, dopo alcuni mesi, il re chiese dei cani e Renzolla, vedendosela brutta, corse di nuovo dalla fata e un vecchietto incontrato sulla porta, che era il portiere, le chiese: “Chi sei e che vuoi?”. E Renzolla, sentita questa strana domanda, gli disse: “Non mi riconosci, barba di capra?”. “A me con il coltello?”, – rispose il vecchio, “il ladro insegue lo sbirro! stai lontano che mi sporchi! Io barba di capra? Tu sei barba di capra e mezza, perché per la tua presunzione ti meriti questo e anche peggio; e aspetta un poco, sfacciata presuntuosa, che adesso ti illumino e vedrai come ti hanno ridotto la tua boria e le tue pretese”. Dicendo così corse in una cameretta e, preso uno specchio, lo mise davanti a Renzolla, e lei, quando vide quella brutta faccia pelosa, stava per crepare di spasimi, quanto dolore provò lei vedendosi tanto contraffatta al punto di non riconoscersi. Il vecchio le disse: “Ti devi ricordare, Renzolla, che sei figlia di un contadino e che la fata ti aveva portato al punto di essere regina, ma tu sciocca, tu scortese e ingrata, non ringraziandola affatto di tanti favori, l’hai considerata un cesso senza mostrarle un solo segno di affetto. Sei ridotta come meriti, guarda che faccia hai, guarda dove sei finita per la tua ingratitudine, per la maledizione della fata hai non solo cambiato faccia ma anche condizione. Ma, se vuoi fare come ti dice questa mia barba bianca, entra a trovare la fata, gettati a suoi piedi, strappati queste ciocche, graffiati questa faccia, battiti questo petto e chiedile perdono delle tue cattive maniere verso di lei, perché lei si muoverà a compassione delle tue sciagure”.
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